FIGLI MAGGIORENNI: FINO A QUANDO UN GENITORE DEVE PROVVEDERE AL LORO MANTENIMENTO?
Con un’Ordinanza del mese di luglio 2021, la Corte di Cassazione ha affrontato ancora una volta il tema dell’obbligo posto in capo al genitore di contribuire al mantenimento dei figli maggiorenni. Si tratta di interesse: un figlio maggiorenne con scarsa propensione agli studi che rifiuta, ingiustificatamente, offerte di lavoro ha diritto ad essere mantenuto dal proprio genitore ? La risposta è NO.
LA VICENDA
Un padre proponeva reclamo ex art. 739 c.p.c. dinanzi alla Corte d’Appello di Messina avverso il provvedimento emesso del Tribunale con il quale era stato confermato l’obbligo di contribuire al mantenimento della figlia maggiorenne di anni ventisei ma revocato l’obbligo posto a suo carico di corrispondere in favore della moglie un assegno divorzile. La Corte d’Appello di Messina, accoglieva il reclamo, censurando la condotta della ragazza a cui veniva in particolare contestata la sua scarsa propensione agli studi nonché il suo altrettanto poco volenteroso impegno nel proseguire l’attività commerciale che il padre e lo zio le avevano prospettato mettendole anche a disposizione un apposito locale. Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione la madre della ragazza.
IL PRINCIPIO DI DIRITTO E LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE
La Corte di Cassazione, con una pronuncia innovativa, ha rigettato il ricorso proposto. I Giudici di legittimità, richiamandosi ad alcuni precedenti giurisprudenziali, hanno ribadito che l’obbligo di contribuire al mantenimento del figlio maggiorenne cessi qualora il “mancato raggiungimento dell’indipendenza economica” da parte di quest’ultimo sia da ricondurre “alla mancanza di un impegno effettivo verso un progetto formativo rivolto all’acquisizione di competenze professionali o dipenda esclusivamente da fattori oggettivi contingenti o strutturali legati all’andamento dell’occupazione e del mercato del lavoro”. Secondo la Suprema Corte, all’assegno di mantenimento del figlio non può essere attribuita una natura assistenziale incondizionata di contenuto e durata illimitata ma, più correttamente, deve essergli riconosciuta una funzione educativa che ne consente quindi la revoca allorquando il mancato raggiungimento dell’autosufficienza economica da parte del figlio maggiorenne sia da ricondurre ad una sua inerzia colpevole. Spetterà chiaramente al Tribunale valutare di volta in volta le circostanze che possono giustificate la cessazione dell’obbligo di corresponsione del contributo, avuto riguardo “all’età”, “all’effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica” e “all’impegno rivolto verso la ricerca di un’occupazione lavorativa” del figlio maggiorenne”. A riguardo è bene sottolineare che l’orientamento consolidato della Giurisprudenza ritiene che costituisca elemento dirimente per l’assunzione di una decisione nei casi di specie il “raggiungimento di un’età nella quale il percorso formativo e di studi, nella normalità dei casi” possa ritenersi compiuto.
OSSERVAZIONI FINALI
La pronuncia in esame ricalca un orientamento giurisprudenziale consolidatosi negli ultimi anni secondo cui il non aver rinvenuto un’occupazione lavorativa al raggiungimento di una determinata età da parte dei figli maggiorenni unito ad un eccessivo immobilismo da parte loro rappresentano un chiaro segnale di inerzia colpevole che di conseguenza giustifica la revoca del contribuito al mantenimento percepito.